di Valentina Boscolo
Il lavoro è una questione di dignità: lo afferma Valentina Boscolo in questa sua sentita testimonianza, nella quale mette anche in evidenza gli ostacoli che le persone con disabilità devono affrontare per affermarsi professionalmente. (S.L.)
Sono passati quattro anni, se ci penso sembra ieri da quanto ho lottato.
Il mio primo contratto di lavoro “serio”: quando lo firmai ricordo che piansi per un giorno intero, a singhiozzi, come i bambini.
Tuttora se penso a quanto ho faticato per ottenerlo, mi sento piacevolmente incredula.
Dopo il conseguimento del mio Diploma Magistrale con 88/100, decisi di dedicarmi alla ricerca di un impiego, perché in me la voglia di autonomia è sempre stata grande.
Portavo a mano i curricula o li spedivo per mail, la mancanza di riscontro iniziale mi sembrava strana, ma credevo ancora fosse abbastanza normale.
Dove vivo, non è una zona ricca di fabbriche o strutture accessibili, pertanto ho sempre puntato ad un lavoro impiegatizio presso il Comune o gli enti pubblici.
La mancanza di risposte, fin da subito non mi ha scoraggiata né resa passiva, e fu così che iniziai a chiedere colloqui a politici e dirigenti.
Quest’ultimi nel migliore dei casi mi ascoltavano con bonario interesse, lodavano le mie doti e mi lasciavano con mille promesse di “Le faremo sapere”, che, inutile a dirlo, si tramutavano con un nulla di fatto.
Come scuse si adducevano le più disparate: dalla presenza di barriere architettoniche in edifici non idonei a soggetti in carrozzina (molte volte era vero essendo i nostri uffici molto vecchi, ma non era sempre così), all’esubero di personale con disabilità, e via dicendo.
Il mio attuale lavoro che consiste nell’occuparmi della scelta/revoca del medico e delle esenzioni ticket presso la mia ASL, per conto di una cooperativa sociale, non è certo piovuto dal cielo, ma è frutto di grande costanza e tenacia nel rivendicare il più fondamentale dei diritti: quello alla dignità.
Le persone con disabilità in questo campo sembrano erroneamente avvantaggiate da sgravi fiscali per i datori di lavoro, collocamento mirato e categorie protette: ma è solo fuffa.
La realtà è che una disabilità più è invalidante e “visibile”, più viene considerata poco decorosa e produttiva.
Nel migliore dei casi, si viene relegati in stanzine non a contatto con il pubblico, nei peggiori non si lavora affatto.
Nei lavori a contatto con l’utenza una persona con disabilità fisica, magari in carrozzina come me, per quanto curata, competente e sorridente viene considerata “inidonea” perché stride con l’immagine canonica a cui siamo abituati.
Sta a noi cittadini con disabilità, far brillare le nostre doti e non abbassare la testa, anche se ci viene detto che non valiamo abbastanza.